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Storia dei Polimeri

Il termine Polimeri è dovuto a Jons Jacob Berzelius (XVIII° secolo), deriva dal greco “polus” (molte) e “meros” (parti) ed indica, pertanto, una molecola con struttura a catena, costituita da un insieme di gruppi chimici legati l’uno all’altro da legami covalenti.

I polimeri sono composti principalmente da atomi di:

  • Carbonio (C)
  • Idrogeno (H)

Elementi presenti in alcuni tipi di polimeri molto diffusi sono anche:

– l’Ossigeno (O), presente ad es. nel Polietilentereftalato (PET) e nel Polietilene (PE)
– l’Azoto (N), presente soprattutto in Poliammidi (PA) e Poliuretani (PUR, TPU)
– il Cloro (Cl), presente nel Polivinilcloruro (PVC). 

Le prime scoperte inerenti alle materie plastiche risalgono alla prima metà del XIX secolo ed in particolare al 1839 quando l’aggiunta di zolfo al lattice dell’albero della gomma , seguita da riscaldamento, la rende più elastica e resistente: nasce la GOMMA VULCANIZZATA.

Negli anni seguenti molti altri tentativi portarono alla sintetizzazione di altrettanti nuovi polimeri che ebbero poi grande successo, dal punto di vista commerciale, a partire dai primi anni del XX secolo.

Di seguito i più importanti:

  • 1912 : in Russia viene sintetizzato il POLIVINILCLORURO (PVC)
  • 1930 : in Germania la Dow sintetizza il POLISTIRENE ( PS )
  • 1935 – 1939 : in Inghilterra ICI sintetizza il POLIETILENE ( PE ) e il POLIMETILMETACRILATO ( PMMA ), poi commercializzato sotto il nome di Perspex
  • 1941 : negli USA Carothers ( Du Pont ) sintetizza la POLIAMMIDE (PA), poi commercializzata sotto il nome di Nylon; Plunkett sintetizza il POLITETRAFLUOROETILENE (PTFE), poi commercializzato da Du Pont sotto il nome di Teflon
  • 1946 : negli USA Hendricks inventa la macchina per lo stampaggio ad iniezione a vite
  • 1954: in Italia Natta sintetizza il POLIPROPILENE (PP), poi commercializzato da Montecatini sotto il nome di Moplen
  • 1960 – 1970: sintesi di tecnopolimeri e superpolimeri ad elevate prestazioni ( PC, POM, PBT, PPS, PEEK, ecc ).

Dal 1950 al 2013, il consumo di plastica è aumentato di media di un +9% ogni anno, e di un +5% negli ultimi 20 anni. La produzione globale di plastica nel 2014 è salita a 311 milioni di ton a livello mondiale, con un aumento del 4% rispetto al 2013. In Europa, dopo il picco negativo del 2008-9, la produzione di plastica si è stabilizzata a volumi paragonabili all’incirca a quelli del 2002.

La Cina resta il principale produttore mondiale di plastiche con il 26% del totale prodotto.
L’Europa (EU-27+2) si colloca al secondo posto nella produzione di plastica mondiale, con il 20% della produzione.
Due terzi dell’utilizzo di materie plastiche in Europa si concentra in 5 paesi: l’Italia è al secondo posto.

La ripartizione dei consumi di materie plastiche in Europa è rimasta piuttosto stabile negli anni, per quanto riguarda i principali settori di utilizzo: l’imballaggio (packaging) è il settore prioritario, seguito da edilizia & costruzioni, dall’industria automobilistica e da quella elettrica & elettronica.

Le 5 tipologie di plastica che da sole coprono circa il 75% del mercato europeo (i “big five”), sono:

  • il polipropilene (PP)
  • il polietilene, in tutti i suoi sottotipi
  • il polivinilcloruro (PVC)
  • il polistirene, solido ed espandibile (PS)
  • il polietilentereftalato (PET).

I polimeri di sintesi infatti sono stati, nel secolo scorso, i protagonisti di una vera e propria rivoluzione del sistema economico-produttivo e sociale. Non si può negare infatti che l’introduzione di tali materiali abbia dato il via ad un mercato di prodotti “usa e getta”, che hanno contribuito enormemente al consolidarsi di uno stile di vita consumistico, con evidenti ripercussioni sull’ambiente. I vantaggi costituiti dalle eccezionali proprietà di queste materie plastiche si sono scontrati con alcune problematiche legate al loro utilizzo sia sotto forma di prodotti di largo consumo ( borse e buste di plastica, contenitori di vario tipo, tubazioni, strato interno di contenitori asettici per liquidi alimentari, film per l’agricoltura), sia per il loro smaltimento. Quest’ultimo in realtà dovrebbe prevedere il riciclo ed il riuso dei materiali impiegati. Non sempre questa pratica viene eseguita in maniera virtuosa e molto spesso il meccanismo si inceppa proprio nel primo stadio. Questo dovrebbe prevedere il corretto conferimento dei rifiuti plastici da parte del cittadino che spesso li abbandona nell’ambiente dove rimangono per periodi di tempo che possono arrivare a centinaia di anni.

Negli ultimi anni la ricerca scientifica ed industriale ha cercato strade alternative ai polimeri “classici”, attraverso lo studio e la creazione delle così dette bioplastiche o biopolimeri. Esse sono matrici derivate principalmente da zuccheri e dai loro polimeri. Proprio grazie a questa loro derivazione (di fatto sono costituiti dagli stessi composti di cui è fatta una pianta o un essere vivente in generale) possono essere degradati facilmente e in tempi rapidi.

Sicuramente questi polimeri rappresentano la soluzione futura ai problemi ambientali connessi all’utilizzo di materiali non rinnovabili.

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